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IL DISTURBO DA STRESS POST-TRAUMATICO

Aggiornamento: 3 apr


Il Disturbo da stress post-traumatico (PTSD) è una patologia che può svilupparsi in persone che hanno subìto o hanno assistito a un evento traumatico, catastrofico o violento, oppure che sono venute a conoscenza di un’esperienza traumatica accaduta a una persona cara. A tutti noi può capitare di vivere esperienze soverchianti, spaventose e percepite come al di fuori del nostro controllo, come essere coinvolti in un incidente stradale o subire un’aggressione. In particolare, alcune figure professionali – ad esempio il personale sanitario– hanno maggiori probabilità di essere esposti a episodi o dettagli particolarmente violenti e sconvolgenti. La maggior parte delle persone riesce a superare lo shock iniziale senza necessità di supporto aggiuntivo; se però la sofferenza della vittima si prolunga per oltre un mese dall’esposizione al trauma e interferisce significativamente con la vita lavorativa, sociale o scolastica dell’individuo, va posta la diagnosi di PTSD.


Sintomatologia del PTSD

Secondo la quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM-5; APA, 2013), per fare diagnosi di PTSD è necessario valutare la presenza dei seguenti criteri:

  • Criterio A – Esposizione a un evento traumatico

Esposizione a evento traumatico come a morte o minaccia di morte, grave lesione oppure violenza sessuale. Come già accennato qui sopra, l’esposizione può avvenire in diversi modi:

Fare esperienza diretta, cioè la vittima vive il trauma in prima persona;

Assistere a un evento traumatico accaduto ad altri;

Venire a conoscenza di un evento traumatico accaduto a una persona con cui si ha una relazione intima, ad esempio un componente della propria famiglia o un amico stretto, e in particolare ai caregiver primari nel caso dei bambini. La morte o la minaccia di morte deve essere stata violenta o accidentale;

Estrema e ripetuta esposizione a dettagli crudi dell’evento (ad esempio, nel caso dei primi soccorritori in seguito all’evento o di agenti di polizia durante le indagini), ma non tramite i media, ad eccezione che nei casi in cui anche ciò sia legato alla professione svolta.

  • Criterio B – Sintomi di risperimentazione

Similmente a quanto osservato nel Disturbo Acuto da Stress, la vittima si ritrova a rivivere ripetutamente il momento del trauma. Ad esempio, ciò può avvenire sotto forma di flashback, cioè percezione di star risperimentando l’evento nel presente, fino alla completa perdita di consapevolezza dell’ambiente circostante. I flashback sono di solito accompagnati da intensa paura e reattività fisiologica (battito cardiaco accelerato, sudorazione, tensione muscolare e nausea). Alcuni particolari che ricordano il trauma possono diventare dei trigger, cioè possono scatenare un flashback in modo improvviso. Un’altra forma di risperimentazione del trauma avviene attraverso gli incubi, il cui contenuto spesso riguarda, in maniera più o meno esplicita, persone, situazioni, luoghi o particolari legati all’evento traumatico.

  • Criterio C – Sintomi di evitamento

Nel tentativo di evitare la risperimentazione del trauma, la vittima può cominciare a evitare situazioni esterne (attività, conversazioni, persone, ecc.) che ricordano, simboleggiano o sono in qualche modo associate all’evento traumatico. Con il tempo, questa strategia di coping diventa sempre più problematica, poiché la persona può finire per ritirarsi dalle interazioni sociali, smettere di frequentare i luoghi abituali, o cambiare significativamente le proprie abitudini per non incorrere in dettagli che possano scatenare sintomi disturbanti. L’evitamento può riguardare anche l’esperienza interna della persona: in maniera più o meno consapevole, la vittima può sopprimere ricordi spiacevoli o emozioni intense e negative, ad esempio facendo uso di alcool e droghe, gettandosi a capofitto nel lavoro, adottando comportamenti sessuali compulsivi e a rischio, giocando d’azzardo o infliggendosi dolore fisico mediante atti di autolesionismo. La strategia dell’evitamento può essere funzionale nel breve termine, ma alla lunga ostacola l’elaborazione delle esperienze traumatiche.

  • Criterio D – Sintomi di alterazione negativa dei pensieri e delle emozioni

L’evento traumatico viene vissuto da molte vittime come uno spartiacque tra il “prima” e il “dopo”, tra la “salute” e la “malattia”. La persona può sviluppare convinzioni o aspettative negative su se stessa (“sono cattiva”, “sono responsabile di quanto mi è accaduto”), gli altri (“non ci si può fidare di nessuno”, “gli altri vogliono sfruttarmi o abusarmi”) o il mondo (“il mondo è un posto pericoloso”, “non c’è speranza per il futuro”). Anche la memoria può essere significativamente alterata, ad esempio la persona può non ricordare particolari anche estesi del trauma, un fenomeno noto come amnesia post-traumatica. Emozioni negative comunemente esperite includono colpa, vergogna, rabbia, paura e umore depresso. Per proteggersi dal dolore psicologico, la persona può cercare di distaccarsi dalle proprie emozioni, e può quindi risultare insensibile, disinteressata o estraniata rispetto agli altri, anche quando si tratta di persone care o di attività che precedentemente le procuravano gioia.

  • Criterio E – Sintomi di iperattivazione (arousal)

L’essere umano è evolutivamente programmato per combattere o fuggire da situazioni che sono pericolose in un determinato momento, ma quando il pericolo cessa la stessa cosa tipicamente accade per lo stato di attivazione (arousal) che ha reso possibile la risposta difensiva. Tuttavia, nel caso del PTSD, questa modalità difensiva è costantemente attivata, risultando in uno stato fisiologico di iper-arousal che non si esaurisce naturalmente. La persona sviluppa una sorta di ipersensibilità ai potenziali segnali di pericolo, che la porta a essere costantemente in allerta, a rispondere in maniera esplosiva e rabbiosa anche in assenza di provocazione e a vivere in uno stato di ipervigilanza e tensione che va a interferire con la capacità di calmarsi o di addormentarsi.


Questo profilo di sintomi deve essere persistente (durare più di un mese; Criterio F), creare sofferenza e interferire con il funzionamento della persona in aree importanti (Criterio G) e non essere attribuibile agli effetti di sostanze stupefacenti o a un’altra condizione medica (Criterio H).


Tipologie di PTSD

In alcuni casi, i sintomi del PTSD possono manifestarsi in forme particolari, di cui le più note sono:

PTSD con sottotipo dissociativo: oltre ai sintomi nucleari del disturbo, la persona riporta persistenti sintomi di dissociazione, come depersonalizzazione (sensazione di distacco dal proprio corpo e dai propri processi mentali, oppure di essere un osservatore esterno di se stesso) o derealizzazione (sensazione di distacco dall’ambiente circostante, che appare irreale, distorto o come in un sogno). Le persone possono dissociarsi per sfuggire “mentalmente” e sopravvivere all’esperienza del trauma mentre avviene (dissociazione peritraumatica), ma anche in seguito per proteggersi da emozioni e stati soverchianti.

PTSD a espressione ritardata: sebbene possano esserci dei segni precoci, i sintomi del disturbo si manifestano pienamente dopo oltre 6 mesi dall’esposizione all’evento traumatico. L’intero quadro sintomatologico può addirittura comparire dopo diversi anni dall’evento, come nei casi degli adulti che sviluppano il PTSD a molti anni dagli abusi infantili.

PTSD complesso (C-PTSD): questa forma si manifesta tipicamente in seguito a traumi precoci, di natura interpersonale (ad esempio, abuso fisico, sessuale o psicologico ad opera di una figura di accudimento) e di tipo cronico (come maltrattamenti ripetuti, violenze cumulative o grave trascuratezza). L’Organizzazione Mondiale della Sanità (2018) non considera il C-PTSD come un sottotipo del PTSD, ma come un disturbo indipendente inserito nell’undicesima edizione della Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-11).


Altri disturbi e problemi associati al PTSD

Il trauma può avere un impatto talmente destabilizzante da far sì che raramente i sintomi del PTSD si presentino in maniera isolata. Secondo l’American Psychiatric Association (APA, 2013), l’80% degli individui con PTSD può avere anche altri disturbi o problemi di salute mentale, come ansia, depressione, disturbi del comportamento alimentare, problemi di sonno, somatizzazione, abuso di sostanze e altre dipendenze comportamentali. Inoltre, è frequente l’associazione con il Disturbo Dissociativo dell’ Identità (DID) e con i Disturbi di Personalità, in particolare con il Disturbo Borderline di Personalità (DBP), con il Disturbo Evitante di Personalità (DEP) e il Disturbo Narcisistico di Personalità (DNP). Altre difficoltà comunemente associate possono riguardare la sessualità, il controllo degli impulsi, l’autolesionismo, i pensieri e i comportamenti suicidari, o possono manifestarsi a livello corporeo sotto forma di dolore cronico o sintomi fisici senza una causa medica identificabile.


Trattamento del PTSD

A oggi, gli interventi psicologici più efficaci per il trattamento del PTSD sono:

Questi due approcci evidence-based sono attualmente raccomandati nelle linee guida internazionali sul trattamento delle condizioni correlate allo stress (WHO, 2013).

Anche la Mindfulness ha un’efficacia comprovata nella riduzione dei sintomi post-traumatici.

La Mindfulness è l’abilità centrale anche in un altro approccio, la Dialectical Behavior Therapy (DBT) che viene utilizzata con diverse modalità di intervento. Quando si trattano persone con problemi correlati al trauma nella DBT, la Mindfulness viene utilizzata per facilitare interventi orientati all’esposizione.

In aggiunta, tra gli approcci emergenti per il trattamento del PTSD si annoverano la Terapia Sensomotoria e il Trauma Sensitive Yoga.

Infine, un’altra tipologia di trattamento si focalizza sull’aspetto dissociativo, poiché considera il PTSD il risultato di una dissociazione primaria della personalità; quest’approccio è detto terapia a più fasi o phase-oriented poiché si divide in una prima fase di stabilizzazione dei sintomi, una seconda focalizzata sulle memorie traumatiche e una terza di integrazione della personalità e lavoro sul funzionamento quotidiano, le relazioni e l’intimità. Allo stato attuale, la terapia a più fasi rappresenta il trattamento di elezione per il C–PTSD.

Intanto, nelle sezioni "Strategie per il benessere" e "Mindfulness & Tecniche di rilassamento" puoi trovare degli strumenti utili che possono aiutarti a gestire queste emozioni.


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